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La Bernadette di Linklater fa un buco nell’acqua Il regista americano non riesce a sfruttare a pieno il potenziale del best seller di Maria Temple

Dic 16, 2019

Che Fine Ha Fatto Bernadette?”, opera ultima del regista americano Richard Linklater (“The Before Trilogy”, “Boyhood”, “Everybody Wants Some”) è finalmente nelle sale italiane dal 12 dicembre, dopo svariati rinvii di data. 

Adattato dal best seller omonimo di Maria Semple, “Che Fine Ha Fatto Bernadette?” è la storia di un brillante architetto (Cate Blanchett) che dopo diversi anni di inattività tenta di recuperare la propria verve creativa con l’aiuto della famiglia composta dal marito Elgin (Billy Crudup) e dalla figlia Bee (Emma Nelson). I tre sono intenzionati a partire per un viaggio alla volta dell’Antarctica, fortemente voluto dalla figlia affinché il clima familiare possa tornare quello di una volta. 

Da qualunque lato si tenti di approcciare questa storia appare chiaro fin da subito quanto possa rivelarsi complicato adattarla per lo schermo. Linklater propone una lettura tragicomica della vita di Bernadette e la sua famiglia che non sempre paga e che anzi risulta il più delle volte al limite del realismo e poco soddisfa lo spettatore. 

Bernadette è una personalità eccentrica, ma non solo. È costantemente a disagio con sé stessa e con il mondo esterno, evita la gente come si evita la peste e farebbe di tutto pur di scrollarsi di dosso la sua odiosa vicina e le sue pettegole amiche, che chiama non proprio amorevolmente “moscerine”. 

 

Inizialmente tutto questo viene presentato in modo simpatico e leggero, immergendo lo spettatore nella giornata tipo di Bernadette, fatta di rattoppi alla casa in cui vive che sta cercando di ristrutturare, di tempo speso a parlare del fantomatico viaggio in Antarctica e di altrettanto tempo passato a mandare email a Manjula, la sua assistente virtuale indiana che sembra esaudire ogni sua richiesta, dall’ordine e consegna di pacchi Amazon a simil prescrizioni di farmaci che le permetteranno di non passare ore chiusa in bagno quando dovrà imbarcarsi per la grande avventura. 

Il tutto funziona per circa i primi venti minuti, dopodiché vediamo le cose un po’ scivolare di mano al regista, che di storie e personaggi coi piedi per terra sa il fatto suo, ma che con questo film non riesce a raccontare una storia nel modo avvincente che si meritava, né tantomeno a trasmettere la vera essenza dei suoi attori principali. 

Guardando il trailer ci si potrebbe aspettare una dark comedy condita con un po’ di mistero, in quanto le immagini potrebbero suggerire che nessuno ha idea di dove Bernadette si trovi e che l’affare diventi subito una questione cittadina da sbrigare al più presto. In realtà a nessuno, al di fuori della sua famiglia, interessa dove lei sia davvero. Né fisicamente né mentalmente. Bernadette non ha amici, né particolari connessioni con il mondo al di fuori di alcune vecchie conoscenze e le persone che si ostinano a intralciarle la via. Questo rende la vita del regista alquanto complicata, perchè diventa difficile far sì che allo spettatore importi qualcosa di lei, né tantomeno di dove sia andata. È scontrosa e perennemente arrabbiata, non fa altro che lamentarsi, le uniche parole infuse d’affetto le riserva per la figlia, la quale sembra essere l’unica persona che davvero la capisce e sa come trattarla. 

Il film s’impegna a descrivere questo stile di vita ansiogeno e distaccato, ma lo fa con fin troppa leggerezza. Non si arriva mai ad un punto in cui si è veramente preoccupati per lei, non c’è un’escalation di eventi che fa rendere conto allo spettatore quanto sia difficile vivere nei panni di Bernadette. Persino uno dei momenti con maggior carico di tensione “su carta”, ovvero l’intervention organizzata dal marito, culmina in un battibecco tragicomico sopra la pronuncia di un nome, quello di Manjula, che si rivela essere tutt’altro che un efficiente aiutante, rappresentando forse il colpo di scena più scioccante del film. 

Linklater sembra mettere troppa carne al fuoco, dalle sottotrame con protagonisti sterminatori di rovi e truffe online che richiedono il coinvolgimento dell’FBI, salti temporali dal passato al presente. Il film sembra perdere la bussola numerose volte, scontrandosi con il ritratto di una donna che sta perdendo il controllo sulla sua salute mentale e che sta disperatamente cercando di riprendersi la sua vena creativa. 

Le informazioni sui personaggi vengono date attraverso lunghi spiegoni, pezzi di interviste che poco hanno a che fare con fluire del resto della storia, quando sarebbe bastata qualche scena in più dove lo spettatore è da solo nella testa della protagonista o in quella di chi le sta attorno. 

Anche il finale risulta telefonato, il mistero si trasforma presto in un percorso già scritto e anche facile da seguire per Elgin e Bee. Di nuovo, sia fisicamente sia mentalmente. Il tutto viene chiuso con un bel fiocco da qualche frase fatta e tutti i problemi dell’architetto sembrano essere spariti in un battibaleno. 

A voler spezzare una lancia a favore di questo ammasso confuso si potrebbe dunque elogiare le performance dei protagonisti, che con il poco materiale che hanno riescono comunque a portare a casa qualcosa di non troppo malvagio. A partire dalla Blanchett, che riesce a immergersi nelle idiosincrasie di Bernadette rendendole reali. Piacevoli anche Billy Crudup e la giovane Emma Nelson, anche se sarebbe stato bello vederli in scene più significative. Il cast di contorno composto da Kristen Wiig, Judy Greer, Meghan Mulally, Troian Bellisario e Lawrence Fishburne, sebbene risulti a tratti del tutto superfluo, strappa un sorriso allo spettatore nei momenti di noia. 

Peccato, per chi si aspettava qualcosa nella vena di Un Piccolo Favore o addirittura Gone Girl, rimarrà ahimé deluso. Quella che dalle prime immagini sembrava una commedia drammatica con un tocco di mistero si è rivelata essere una tragicommedia esistenziale. Speriamo che chi ha editato il trailer riceva un aumento! 

di Elvira Bianchi

 

 

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