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Giorgio Marchesi: “Raccontiamo come L’Aquila si è rialzata dal terremoto” Intervista all’attore protagonista di “L’Aquila – Grandi Speranze”, in onda su Rai Uno da martedì 16 aprile.

Apr 16, 2019

Va in onda da stasera, martedì 16 aprile, la prima puntata della serie “L’Aquila – Grandi speranze”, che racconta i momenti di ricostruzione dell’Aquila in seguito al catastrofico sisma del 6 aprile del 2009. Protagonisti della serie Giorgio Tirabassi, Luca Barbareschi, Valentina Lodovini, Giorgio Marchesi e Donatella Finocchiaro. La voce dello schermo ha avuto il piacere di intervistare Marchesi, che ha presentato la serie e il suo personaggio, ricordato le sue interpretazioni in tanti prodotti di successo come “Una grande famiglia”, “Un medico in famiglia” e “Braccialetti rossi”, e ha offerto una panoramica sul mondo seriale, cinematografico e teatrale dei nostri giorni.

Ciao Giorgio, benvenuto su “La voce dello schermo”. Martedì ti vedremo in “L’Aquila – Grandi speranze”. Presentaci questo prodotto e il personaggio di Franco.

È una serie Rai con la regia di Marco Risi, scritta da Stefano Grasso, è una ricostruzione ben fatta dell’Aquila un anno dopo. È molto interessante. Raccontare il terremoto in sé sarebbe stato abbastanza banale, anche perché ne abbiamo viste tante di immagini in quel periodo. Capire cosa è successo dopo un anno e mezzo dall’accaduto e ricordare la fase di ricostruzione offre una prospettiva più completa di quel tragico evento. Il mio personaggio è uno psichiatra che lavora nel reparto di psichiatria dell’Aquila, ha perso la figlia durante il terremoto e deve convivere con questo dolore assieme alla moglie e al figlio adolescente. Deve, quindi, tenere unita la famiglia nonostante i meccanismi che si innescano quando capita una tragedia del genere e, per lavoro, aiuta le persone che hanno avuto dei problemi psicologici dopo il terremoto.

Quali propositi ci sono dietro questa serie e che sensazioni hai provato a raccontare degli avvenimenti così delicati?

I propositi sono quelli di mostrare ciò che è accaduto alla popolazione di L’Aquila e degli aquilani. Il mio proposito personale è quello che gli aquilani si sentano rappresentati e che il resto degli italiani provi empatia per loro. Trovandomi di fronte queste rovine mi sono reso conto di quanto queste vite siano cambiate in un attimo, sono emozioni davvero forti e non è stato un lavoro come gli altri. Essere circondato da questo, tutto il giorno, mi ha fatto comprendere il dolore che gli abitanti hanno provato durante quei tragici momenti.

Di recente ti abbiamo visto nel “camilleriano” “La stagione della caccia”. Cosa ti è piaciuto di questa esperienza?

Ho apprezzato tanto lavorare sull’epoca e su un dialetto che non era il mio, ovvero il piemontese. Quando ho saputo del ruolo che avrei interpretato ho chiamato amici piemontesi per dei consigli. È stato bello raccontare di una persona che veniva da un mondo lontano rispetto ai siciliani ed esaminarne le differenze. Adesso siamo più abituati alle diversità  territoriali, ma una volta le distanze sembravano essere molto più nette. È stata una bella esperienza per me e mi ha fatto molto piacere lavorare con un regista giovane e bravissimo come Roan Johnson. Inoltre, come avrei potuto rifiutare qualcosa scritta da Camilleri? Ho accettato immediatamente perché ammiro la sua capacità di scrittura e l’ho considerata un’occasione irripetibile. Ero felicissimo di poter rivivere questo connubio tra letteratura e cinema, che mi ha molto affascinato.

Dove ti vedremo prossimamente?

Ho appena terminato uno spettacolo teatrale, “Notti Bianche”, che ci ha dato grandi soddisfazioni. Portare in scena Dostoevskij sembra fare molta paura alla gente, ma vedendo la risposta del pubblico, abbiamo capito quanto sia stato apprezzato. Adesso comincerò a girare una serie che si intitola “Oltre la soglia”, dove non sono protagonista ma mi ha affascinato molto l’idea di interpretare questo personaggio e sembra molto divertente.

Come giudichi la serialità italiana odierna e quali aspetti ti piacciono di più?

Ultimamente troviamo operazioni più coraggiose di altre e mi sembra ci sia un buon livello di recitazione e di tutto ciò che la circonda come la regia, la fotografia, i costumi etc. Abbiamo ottimi prodotti come “La stagione della caccia”, “Gomorra”, “Suburra”, “La porta rossa” e altri che qualitativamente sono molto buoni. Quelli che ho citato hanno delle storie più interessanti e scritte meglio. Ci sono dei passi avanti, ma credo che bisognerebbe migliorare un po’ di più a livello di scrittura.

Hai fatto parte di tante fiction amatissime. Quali sono quelle a cui tieni di più e perché?

Faccio grande fatica a scegliere ma tra tutte direi “Una grande famiglia”. Era un prodotto scritto davvero bene, con un cast eccellente e una regia molto precisa. Mi sono divertito a farlo e ancora oggi la gente mi chiede se ci sarà una nuova stagione. È una delle esperienze a cui sono più legato.

Qual è il personaggio che ti somiglia di più tra quelli che hai interpretato?

Forse potrebbe somigliarmi proprio Raoul di “Una grande famiglia” perché spesso ragiono più di pancia e d’istinto. Poi, ovviamente, ci tengo a precisare che durante la seconda stagione gliene capitarono di tutti i colori ed era costantemente alterato. Spero di non diventare mai così. Però il suo modo di essere combattuto è un aspetto che ritorna spesso nella mia vita.

Se potessi rubare un ruolo cinematografico o seriale a un tuo collega quale sceglieresti?

Mi sarebbe piaciuto interpretare un ruolo in “Lo chiamavano Jeeg Robot” o quello che fu di Santamaria o quello di Marinelli. In particolare, lo Zingaro mi ha affascinato tanto per la possibilità di giocare interpretando  quella parte.

Questo portale si chiama “La voce dello schermo”. Cosa significa per te ascoltate la voce dello schermo?

Ascoltare la voce dello schermo significa seguire un linguaggio non solo auditivo ma anche e soprattutto visivo. Ieri guardavo “Blob”, che compie trent’anni, e pensavo alla forza del montaggio. Ascoltare la voce dello schermo è proprio questo: riuscire a trasformare e a comprendere le immagini che vediamo.

Di Francesco Sciortino

By lavocedelloschermo

Francesco Sciortino, giornalista pubblicista dal 2014, appassionato di serie tv, cinema e doppiaggio. In passato cofondatore della testata online “Ed è subito serial”.

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