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Intervista a Edoardo Pesce: “Unicorni affronta la diversità con una sensibilità che non si vede spesso” L’attore si racconta su “La voce dello schermo” parlando del nuovo film di Michela Andreozzi in cui è protagonista nei panni di Lucio.

Lug 16, 2025

Edoardo Pesce è uno degli attori più rappresentativi della recitazione italiana odierna. Dopo l’indimenticabile Ruggero Buffoni di “Romanzo Criminale – La serie”, personaggio che ritroverà nella terza stagione di “Call my agent”, è riuscito infatti a interpretare ruoli di ogni tipo, come Simone in “Dogman”, che gli è valsa la vittoria del Nastro d’argento e del David di Donatello; come Christian nell’omonima serie di Stefano Lodovichi; fino ad arrivare a personaggi di grande impatto emotivo come Lucio in “Unicorni”, il nuovo film di Michela Andreozzi che uscirà nelle sale il 18 luglio e che è prodotto e distribuito da Vision Distribution con Paco Cinematografica.
Abbiamo intervistato, su “La voce dello schermo”, proprio Edoardo Pesce, chiamato a interpretare in “Unicorni” un padre che, nonostante si definisca progressista, fa fatica ad accettare pienamente la diversità del figlio Blu nel momento in cui manifesta l’intenzione di vestirsi da bambina. “Unicorni” ci mostra un Edoardo inedito, capace di farci commuovere, di farci riflettere su cosa significhi essere genitori e di raccontare le paure e la confusione nel momento in cui non si riesce a comprendere la diversità del figlio.
L’attore ci ha confidato come interpretare Lucio gli abbia permesso di esplorare una sensibilità che non è facile da trovare nei ruoli odierni. Oltre a parlare di “Unicorni”, Edoardo ha anche ricordato esperienze fondamentali della propria carriera – come “Romanzo Criminale” e “Dogman” – e ha rivelato quanto sia stato stimolante per lui far parte di progetti come “Christian” di Stefano Lodovichi, “Notte Fantasma” di Fulvio Risuleo o “El Paraíso” di Enrico Maria Artale, prodotti che si distinguono per lo sguardo originale e particolare che possiedono. Questo e altro nella nostra chiacchierata con Edoardo Pesce. A voi…

Dal 18 luglio ti vedremo nelle sale in “Unicorni”. Cosa ha rappresentato per te raccontare la diversità attraverso il personaggio di Lucio?

Quando mi è stato proposto questo ruolo, mi è piaciuto immediatamente sia perché è scritto molto bene sia perché tratta la diversità in maniera non retorica. Lucio mi ha permesso di raccontare una grande sensibilità e non capita spesso. È un padre progressista, è molto seguito in radio in cui si batte per i diritti della gente, ha una famiglia aperta e moderna, con due figli da due madri diverse.

Come pensi possa aiutare i genitori che vivono situazioni analoghe e che rimangono spiazzati nel momento in cui devono confrontarsi con la diversità?

I bambini sono molto aperti, spontanei e con meno pregiudizi, per questo motivo “Unicorni” è un film che può fare riflettere soprattutto i genitori e può guidarli all’accettazione e all’aiuto dei figli nel miglior modo possibile. È stato interessante rendere anche lo stato d’animo di un padre che vuole proteggere il figlio ed esplorare le paure di Lucio, ovvero il timore che il figlio venga bullizzato o preso in giro e la paura della società. È un film che esplora in maniera equilibrata l’argomento, accoglie la diversità e non la giudica. È stato importante e formativo ascoltare anche alcune storie dei “Genitori Unicorni” che vivono situazioni analoghe a quelle descritte all’interno del film. Far parte di “Unicorni” mi ha arricchito umanamente. Credo che lanci un bel messaggio per le famiglie e che possa essere visto anche nelle scuole.

Com’è stato essere diretto da Michela Andreozzi?

Ci conoscevamo già, la trovo molto brava e avevo già visto i suoi film, anche se “Unicorni” appartiene più al genere dramedy. Con Michela c’è stato uno scambio interessante ed è stato importante confrontarci, ho fatto delle proposte che le sono piaciute molto e viceversa. È stata molto brava a farmi inquadrare bene il personaggio di Lucio e c’è stato un grande lavoro dietro. È stato molto piacevole lavorare con questo cast eccezionale e con questa meravigliosa squadra. Con Lino Musella siamo anche molto amici.

Cosa significa per te essere libero dai pregiudizi?

Quando nasciamo siamo come un foglio bianco. La famiglia, gli incontri che facciamo, dove viviamo, dove cresciamo e la gente che frequentiamo contribuiscono a scrivere su questo foglio quello che noi saremo. Ovviamente ognuno di noi ha una propria identità, ma viene un po’ influenzata da ciò che vive. Non avere pregiudizi sarebbe un po’ come ritornare a una purezza tipica dell’infanzia.

Secondo te, cosa fa paura della diversità?

Più che paura, credo si tratti di non capire qualcosa di differente. È importante abbandonare la chiusura mentale, essere più aperti a comprendere e a riflettere su punti di vista differenti dal nostro, senza avere fretta di dare un’opinione su tutto e subito.

Lucio ti ha permesso di esplorare una grande umanità. Un attore come riesce a raccontare stati d’animo del genere?

Come attore cerco di essere onesto e di trovare il più possibile una mia verità, quindi una parte di me da mettere a disposizione del film e del ruolo. Diventa fondamentale comprendere il personaggio, farlo mio e metterci una parte di me nel modo più onesto e veritiero possibile.

“Unicorni” è un viaggio alla ricerca di noi stessi. Chi vuole essere artisticamente Edoardo?

Non saprei definirmi, ma spero che questo lavoro mi permetta di crescere sempre di più, che mi capitino progetti che mi arricchiscano e che possa espandere sempre di più la mia parte interpretativa, anche attraverso sfide difficili. Oltre alla mia carriera da attore, sto provando parallelamente a sviluppare anche altri soggetti miei, come ho già fatto ne “El Paraíso” per crearmi dei personaggi diversi che poi posso interpretare.

Come mai “El Paraìso” non ha avuto una grande visibilità?

A volte entrano in gioco altre dinamiche a livello distributivo. Un film italiano, che esce a Venezia a novembre, vince due Premi Orizzonti, non può uscire nelle sale a giugno dell’anno successivo. Ho seguito la promozione nelle sale, siamo andati anche in tour in Sicilia ma credo che ci debba essere uno sforzo maggiore dal punto di vista distributivo per permettere a un film di uscire nelle migliori condizioni possibili.

Con Stefano Lodovichi è nato un sodalizio artistico che ti ha portato a girare “Il Cacciatore”, “La stanza” e “Christian”…

Stefano è bravissimo e in gamba. È uno dei registi che stimo di più, offre sempre una visione molto originale nei progetti su cui lavora ed è sempre concentrato e disponibile. Mi è dispiaciuto non aver fatto una terza stagione di “Christian”, dal momento che il pubblico l’ha amata molto.

Quali possibilità ti offre poter lavorare in un progetto del genere?

Su “Christian” avevo quasi carta bianca, perché con Stefano eravamo molto in sintonia, approvava le mie proposte, il personaggio era molto accattivante, tridimensionale e con tantissime sfumature. La parte fantasy, inoltre, era molto bella da raccontare.

“Christian” è un capitolo chiuso o ci possono essere margini per una terza stagione?

Non lo so, mi piacerebbe tanto ma non ne ho idea perché riguarda situazioni produttive.

Un altro regista con cui hai lavorato in diversi progetti, come “Il colpo del cane” o “Notte fantasma”, è Fulvio Risuleo…

Sì, anche lui è un altro regista che stimo tantissimo. Ha una visione molto interessante e possiede un modo di raccontare quasi fumettistico. Abbiamo girato “Notte Fantasma” a Roma, in poche settimane e di notte. È un prodotto che mi è piaciuto molto e che, secondo me, avrebbe meritato di più. È un piccolo grande film. Far parte di una storia del genere è bello e fa piacere riuscire a dar vita all’immaginario di un autore. Quelli di Fulvio non sono film fatti con lo stampino. Amo il suo modo di dirigere, ho lavorato sempre molto bene con lui e si merita il meglio. Così come Enrico Maria Artale. Ma devo dire che ogni regista con cui ho lavorato mi ha sempre lasciato qualcosa di importante.

In che modo pensi che l’incontro con i registi influisca nel percorso artistico di un attore?

Credo sia un cinquanta e cinquanta. Influisce parecchio. Quando ti viene affidato un ruolo è anche un atto di responsabilità e un attestato di stima.

Non possiamo non ricordare il Nastro d’argento e il David per “Dogman” di Matteo Garrone. Che emozioni sono state per te?

Sono state emozioni intense e grandi soddisfazioni. L’esperienza più bella è stata a Cannes, dove sono andato con mio padre. Ho visto il film per la prima volta lì: guardarlo nella sala principale a Cannes, con tremilacinquecento persone e con mio padre è stata una bella onda.

Presto vedremo una reunion di “Romanzo Criminale – La serie” nella nuova stagione di “Call My Agent”. Cosa dobbiamo aspettarci?

È stata una bella settimana d’amicizia, ci siamo rivisti con Vinicio Marchioni, Alessandro Roia, Marco Bocci, Daniela Virgilio e Francesco Montanari. Siamo rimasti molto legati e credo sia venuto fuori un episodio molto divertente.

Ruggero Buffoni con la sua massima “siete una manica de limitati” mostrava già un suo modo di essere aperto mentalmente…

Sì, quella battuta la proposi io. Nel momento in cui Fierolocchio chiedeva a Buffoni perché fosse andato con una trans, avrei dovuto dire: “Fierolò, che te devo dire? A me regolare me stufa subito”. Andai da Stefano (Sollima ndr.) e gli proposi questa battuta chiedendogli di dare a Buffoni una mentalità più aperta, lui acconsentì.

Questo portale si intitola “La voce dello schermo”. Cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?

Se lo schermo comunica qualcosa di importante significa abbandonarsi alla sua voce.

 

Di Francesco Sciortino

By lavocedelloschermo

Francesco Sciortino, giornalista pubblicista dal 2014, appassionato di serie tv, cinema e doppiaggio. In passato cofondatore della testata online “Ed è subito serial”.

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