Sofia D’Elia, nonostante la giovanissima età, ha già attirato l’attenzione degli addetti ai lavori per diverse interpretazioni degne di nota. L’abbiamo conosciuta, infatti, diretta da Roberto Faenza, sia in “Hill of Vision” sia in “Folle D’Amore – Alda Merini”. Adesso siamo pronti a vederla nell’attesissimo “Tre Ciotole”, adattamento cinematografico del romanzo di Michela Murgia, diretto da Isabel Coixet e con protagonisti Elio Germano e Alba Rohrwacher.
Abbiamo intervistato, su “La voce dello schermo”, proprio Sofia D’Elia che ci ha parlato del film in uscita il 9 ottobre, ha raccontato cosa abbia rappresentato per lei interpretare Giulia ed essere diretta da una regista internazionale come Isabel Coixet e, infine, ci ha confidato come sia stato per lei confrontarsi con mostri sacri della recitazione italiana come Elio Germano e Alba Rohrwacher. A voi…

Dal 9 ottobre ti vedremo in “Tre ciotole”, film diretto da Isabel Coixet, al fianco di Alba Rohrwacher, Elio Germano, Silvia D’Amico, Galatéa Bellugi, Francesco Carril. Che esperienza è stata per te?
È stata sicuramente un’esperienza che mi ha reso più consapevole, dal momento che ho avvertito l’importanza del progetto e la responsabilità. Ho saputo che la regista sarebbe stata Isabel soltanto durante il terzo provino e nel momento in cui l’ho vista ero sia felicissima sia tesa per il suo spessore artistico. Ma gli aspetti che mi hanno colpito maggiormente di lei sono stati la sua bontà, l’umiltà, la capacità di mettere a proprio agio l’attore, la spontaneità e la sua naturalezza. Il suo punto di vista mi ha aperto un mondo ed è stata un po’ una scuola per me.
Un’attrice come si divide tra le emozioni esterne a ciò che la circonda e quelle del personaggio che interpreta?
È importante saper gestire le emozioni, non soltanto nell’interpretazione ma anche a livello personale. Quando ho girato questo film era un periodo molto intenso – essendo anche l’anno della mia maturità – e pieno di emozioni da gestire. Il set è stato una grazia perché ho avuto modo di esprimermi senza timore nelle emozioni e ho dovuto dar spazio ai sentimenti più nascosti. È stato un viaggio dentro di me per capire il personaggio. Giulia soffre di un disagio e ha sollevato un’importanza rilevante su come esternarlo. Isabel ci ha detto che la sceneggiatura non è la Bibbia e che i personaggi vanno vissuti prima ancora di interpretarli.
Cosa ti ha lasciato Giulia e perché è stato importante interpretarla?
È una giovane donna e un’alunna di Marta, ruolo che interpreta Alba (Rohrwacher ndr.). È un’adolescente che vive dei disagi che l’allontanano un po’ da quella che è la sua età. Mi ha lasciato un grande senso di profondità perché provare delle emozioni che una sedicenne non dovrebbe provare ti fa capire tanto della vita e apprezzarla maggiormente. La sera, quando tornavo dal set, riflettevo molto sulle scene che avevo interpretato.
Com’è stato confrontarti con Alba Rohrwacher ed Elio Germano?
Il primo confronto che ho avuto con Alba è stata una prova lettura. Ricordo che avevo terminato da poco la visione de “L’amica Geniale” ed ero rimasta folgorata dalla sua interpretazione magica nei panni di Elena Greco. È una delle mie attrici preferite e dover lavorare con lei è stato illuminante. Una collega mi ha detto: “Ti avrei filmata per farti vedere il tuo viso quanto era emozionato nel momento in cui hai visto Alba”. È molto pacata, sensibile e con grande senso materno ci aiutava a capire come interpretare la scena con la giusta emotività. Mentre con Elio ho avuto il primo confronto al pick-up in macchina ed è fantastico, naturale e ti mette a tuo agio. Guardare lui come recita è una scuola e un modo per imparare.
Cosa ha significato la regia di Isabel Coixet?
Basa tutto sulla potenza della naturalezza, che spesso viene sottovalutata perché, in un mondo di arteficio, sembra diventare quasi un difetto. Invece, sotto la sua regia, ho capito che la naturalezza è la qualità più bella che un attore e un regista possa avere. È una persona splendida e confrontarmi con una regista internazionale è stata un’enorme possibilità di crescita dal punto di vista professionale. Ancora non mi rendo conto dell’opportunità che mi è stata data.

Giulia cerca di trovare la propria voce in un mondo che spesso non le lascia spazio. Come ci si riesce?
Purtroppo, il mondo spesso fa tacere le anime sensibili, perché sono quelle che hanno qualcosa da dire e scelgono che sia il silenzio a parlare per loro. Giulia è molto pacata, osserva tanto, i suoi occhi sono un modo per interiorizzare il mondo in cui si trova e avverte le vibrazioni di ogni singola materia. Ho cercato di dare voce a questo personaggio per permetterle di esprimersi senza la necessità di enfatizzare niente. La vicinanza di Marta sarà la sua cura e il suo punto di riferimento.
Come riesce Sofia a far sentire la propria voce nel mondo della recitazione?
Mi piace raccontarmi attraverso i personaggi che interpreto. Ogni ruolo rappresenta un modo sia per scoprire lati inesplorati che non ho mai conosciuto sia l’opportunità di far vedere come vedo io il mondo in modo da lasciare insegnamenti da cui posso imparare sia io che gli altri.
Giulia si muove tra vulnerabilità e forza. Un po’ come fa un attore. Come si sta in bilico tra questi due stati d’animo?
Bisogna cercare sempre di basarsi su una scala di emozioni graduale, leggera e prudente. Hanno una gradualità importante, vanno metabolizzate prima di esprimerle. Il lavoro che si fa è di assorbire le emozioni, di capire cosa mi può provocare una determinata emozione e comprenderne l’evoluzione in maniera molto naturale e mai forzata, perché rischierebbe di sembrare finta. Passare da emozioni opposte consente di capire meglio come tu stessa reagiresti di fronte a un cambio repentino di registro. Il mio lavoro consiste nel cercare la risposta dentro di me e capire come si adatta.
Ti vedremo prossimamente in “Anima di vetro”…
Sì. È un film che riflette un po’ la storia della guerra odierna. Stiamo continuando a girarlo perché è diviso in due atti. Ci saranno Romano Talevi, Alessandro Haber, Antonella Ponziani, Luca Ward e Sabrina Ruggiero. È una grande responsabilità perché è un ruolo che mi pone di fronte alla guerra odierna.
Di Francesco Sciortino

