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Intervista a Melania Dalla Costa: “Ne ‘La seconda via’ ricordiamo gli alpini del 1943 e l’importanza delle donne” L'attrice presenta "La seconda via", film diretto da Alessandro Garilli che racconta la ritirata degli alpini in Russia nel 1943.

Gen 30, 2023

Il 26 gennaio, in occasione dell’ottantesimo anniversario della drammatica ritirata degli alpini in Russia del 1943, è uscito nelle sale “La seconda via”, film diretto da Alessandro Garilli che racconta le vicende di sei alpini che, ormai stremati, cercano di raggiungere il villaggio di Popowka per mettersi in salvo dall’accerchiamento nemico. Abbiamo ritrovato per l’occasione Melania Dalla Costa, attrice, attivista e testimonial della campagna globale contro la violenza sulle donne dell’UNICRI delle Nazioni Unite. Melania ha presentato il film e cosa abbia significato per lei interpretare Marie, una donna dolce ma con un animo segnato dalla tristezza provocata dal non sapere se presto riabbraccerà il marito o no. A voi.

Salve Melania, bentornata su “La voce dello schermo”. Presentiamo “La seconda via” e il tuo personaggio.

Salve a tutti, grazie. Il film racconta la ritirata degli alpini del 1943 in Russia, dal momento che ricorre l’ottantesimo anniversario. È un film che tratta una storia realmente accaduta, ma poco raccontata. Interpreto Marie, una donna francese, borghese di trent’anni, ha un gatto di nome Miele e una bambina. Il protagonista del film è il Tenente Sala, interpretato da Ugo Piva. È stato bello interpretare questa donna dolce, che ha un legame con la musica classica, infatti ogni volta che è presente ascoltiamo in sottofondo la musica di Debussy. Questo progetto mi ha subito conquistata perché ha dei caratteri molto crudi, trattando una tematica molto forte come la guerra, ma ha dei tratti molto onirici. Pensiamo a questi uomini, a temperature proibitive e a 2000 metri di altezza e l’unico appiglio di speranza era rappresentato dalle donne che li aspettavano e dall’amore che provavano. Sono un’attivista, interpretare un personaggio che evidenziava l’importanza delle donne in quel determinato contesto, perché trasmettevano tanta forza a questi uomini lontani, mi ha inorgoglito molto. Il regista, Alessandro Garilli, ha lavorato dieci anni per realizzare questo progetto e mi ha fatto tanto piacere esserci.

Dal punto di vista artistico, quali corde ti ha permesso di toccare?

Mi ha colpito molto la parte emotiva legata a questo personaggio. Si trova all’interno di un contesto familiare, ma fa trasparire la tristezza e la preoccupazione nell’avere il marito lontano. È molto toccante questa connessione tra la vita di casa e la sofferenza degli alpini, che mentre stavano per morire pensavano alle loro famiglie. Fa molto riflettere indagare su cosa abbiano vissuto anche le donne nell’attendere i loro mariti a casa, senza sapere se la persona che ami ritornerà o no, perché i mezzi di comunicazione ai tempi non erano ovviamente come quelli odierni. È stato molto impegnativo trasmettere questa incertezza che vivevano durante quella situazione.

Cosa ha significato per te catapultarti all’interno di un periodo storico particolare come la Seconda Guerra Mondiale?

Mi ha fatto pensare molto a mio nonno. Era un alpino e ha perso le mani nel tentativo di disinnescare una bomba. Ho un forte legame personale con questa vicenda. È stata un’esperienza molto forte, perché ci fa pensare che tantissime persone sono morte per noi e siamo qui anche grazie a loro. Fa ancora più tristezza pensare che non si impara mai abbastanza dagli errori commessi nel passato, perché nonostante queste pagine di storia tristi continuiamo a essere in guerra.

Quanto è importante per te realizzare prodotti come “La seconda via”?

È molto importante perché dà la possibilità di raccontare storie che sono state poco raccontate, che meritano più spazio e che rimangano come reperto storico sotto forma di film. Bisogna premiare sceneggiatori, registi e produzioni che investono in progetti come questi, che vogliono lanciare un messaggio importantissimo. Un film in costume che tratta questa tematica non è da tutti i giorni.

Com’è stato per te recitare in costume?

È stato molto stimolante, ho dovuto fare una ricerca approfondita per comprendere modi di camminare e di fare dell’epoca. Sono stata affiancata da ottimi costumisti, ma ho voluto approfondire l’argomento e chiedere a mia madre e mia nonna per cercare di stabilire una connessione con l’epoca.

Su cosa stai lavorando ultimamente?

Sarò presto su un set internazionale, ma non posso dire tantissimo. Ho scritto una sceneggiatura, “The Golden Blood”, e sto cercando di farne un film. Si tratta di un action-movie la cui protagonista è un’eroina donna bisessuale. Non posso dire di più.

Dopo le tue ultime interpretazioni, se potessi scegliere un ruolo da rubare a una tua collega, quale sceglieresti?

Ci sono due ruoli di Natalie Portman che mi sarebbe piaciuto fare. Il primo è quello in “Closer”, il secondo quello ne “Il Cigno Nero”. Mi piacciono certi aspetti che riesce a tirare fuori da quei personaggi e lei è un’attrice molto misteriosa.

 

Di Francesco Sciortino

By lavocedelloschermo

Francesco Sciortino, giornalista pubblicista dal 2014, appassionato di serie tv, cinema e doppiaggio. In passato cofondatore della testata online “Ed è subito serial”.

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