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Melania Dalla Costa: “Io, musa di Gastel vi svelo i miei Sogni Sospesi” L’attrice presenta il suo cortometraggio “I Sogni Sospesi”, in concorso al Social World Film Festival.

Lug 17, 2019
*Fotografia di Maria La Torre

La voce dello schermo ha intervistato Melania Dalla Costa. L’attrice, vista di recente nel film “Stato di Ebbrezza” e musa del celebre fotografo Giovanni Gastel, ha presentato il suo corto “I Sogni Sospesi”, in concorso al Social World Film Festival dal 27 luglio al 4 agosto, ha raccontato com’è nata l’idea di realizzarlo e ha infine rivelato qual è stato il ruolo più difficile della sua carriera.

Salve Melania, benvenuta su “La voce dello schermo”. Sei la produttrice e protagonista de “I Sogni Sospesi”, in concorso al Social World Film Festival. Presentaci questo progetto e le aspettative riguardo questo contest…

Grazie! Il titolo nasce da un viaggio, a Tokyo, che ho fatto nel 2015. Lì ho visitato la Tokyo Tower, all’ultimo piano si trova uno spazio dove si può meditare e pregare. In questo posto ci sono dei cuori in legno, dove tante persone e artisti ci hanno scritto i loro sogni e li hanno firmati, per poi appenderli, in alto, su degli appositi ganci. Anch’io ho il mio cuore lì. Tutti pregano davanti ai sogni di tanta gente, ed ecco da dove nasce il titolo. Alla fine del film appare una frase che ho scritto, che è il risultato di questa esperienza: “I Sogni sono la forma migliore e futura di noi. Per raggiungere i nostri sogni evolviamo in qualcosa di migliore, sono un faro presente che ci indica la via”. Grazie a questa ispirazione, ho ideato “I Sogni Sospesi” e scritto la sceneggiatura che ha vinto il bando Imaie 2017 che in seguito è stata rivista insieme alla regista Manuela Tempesta. Con lei è nata una forte amicizia e crediamo moltissimo in questo progetto, che è stato creato con passione e tanta voglia di sperimentare e di mettersi alla prova. Per quanto riguarda le aspettative non ne ho di particolari, ma arriverà ciò che è giusto.

Presentaci un po’ il personaggio di Marlène…

Marlène è una bellissima e inquieta artista francese che esprime il suo talento creativo dipingendo, con il corpo nudo, una tela bianca appesa in un casolare. La ragazza è fuggita dal suo paese d’origine insieme a sua sorella Sophie, che cerca di starle sempre vicino e la sostiene giorno dopo giorno. Il loro passato è segnato da un terribile segreto. Un evento accaduto tempo prima, infatti, le ha profondamente segnate, costringendole a scappare in Italia. Le due sorelle si nascondono in un mulino in mezzo alla campagna, mangiano ciò che trovano, si lavano nel fiume. A causa del “trauma” subito, legato al “segreto” che celano le due sorelle, Marlène soffre anche di attacchi di panico. Una mattina, i frammenti della memoria riemergono nella mente di Marlène. Mentre la giovane dipinge con il corpo la sua tela, la verità viene alla luce: Marlène è stata vittima di una brutale violenza fisica proprio dal suo più grande amore ed è riuscita a salvarsi solo grazie all’aiuto di Sophie, che ha colpito l’uomo alle spalle. Nonostante la fuga, però, Marlène ha iniziato a star male, il “buio l’ha raggiunta” e ha tentato il suicidio nelle acque di un fiume. Anche in questo caso, l’aiuto di Sophie e il suo supporto è stato fondamentale per “ricominciare a vivere”.

Un’altra esperienza significativa a cui sei legata è “Stato di Ebbrezza”. Cosa ricordi con maggiore piacere di questo lavoro?

“Stato di Ebbrezza” mi ha regalato maggiore sicurezza in me stessa. Mi ha resa molto potente, libera di essere, senza paura di camminare nuda, senza maschere, in una società che quasi le impone. Non ho un ruolo, sono io con tutta la mia vulnerabilità. Quando ho interpretato il personaggio di Beatrice mi sono detta: “Voglio darmi una possibilità. Voglio fare un percorso inverso a quello standard”. Sono ingrassata, mi sono imbruttita. Ho rinnegato la strada facile che poteva darmi la mia bellezza. Grace Kelly, Marilyn Monroe vengono ricordate per la loro presenza estetica e non per le loro interpretazioni. Volevo far capire che non ero solo bella, ma anche brava. Ho pensato al meraviglioso percorso che ha fatto Charlize Theron nel film “Monster” e ho provato a fare lo stesso, ad andare oltre me stessa e alle cose facili. Se la scelta è accessibile non c’è sfida e di conseguenza uno scarso impegno. La vita e la recitazione, secondo me, hanno lo scopo di evolverti, con il tempo, a qualcosa di migliore e più alto. Vorrei che le giovani donne si svincolassero dalla bellezza imposta dai mass media. Una persona non è fatta semplicemente di esteriorità, ma di un insieme di qualità.

Quali sono gli altri ruoli a cui sei più legata e perché?

Sono molto legata a dei ruoli che sto preparando attualmente, per dei nuovi progetti che verranno, ma per ora non posso spingermi oltre. Sono dei bei personaggi, articolati e difficili. come piacciono a me.

Qual è stato per te il personaggio più difficile da interpretare durante la tua carriera e perché?

*Fotografia di Maria La Torre

Il personaggio di Beatrice in “Stato di Ebbrezza”: una giovane madre tossicodipendente, bipolare e con idee di suicidio. È stato molto difficile interpretarla perché è lontana dal mio stile di vita. Ho praticato lo sci nordico a livello agonistico per dieci anni e ancora oggi mi alzo alle 6 del mattino per andare a correre. Ho una vita sana. Sono troppo libera ed indipendente per dipendere da qualcuno o qualcosa. Quindi ho dovuto fare un percorso molto difficile frequentando delle cliniche dove ho potuto intervistare pazienti e medici, per affacciarmi al mondo della droga. È stata un’esperienza che non dimenticherò mai. Chi fa uso di sostanze stupefacenti ricerca il coraggio, che non ha, per affrontare delle situazioni, la vita. Beatrice si sente inadeguata perché non è cresciuta in una famiglia che l’ha amata e sostenuta.

Se potessi “rubare” un ruolo ad una tua collega quale sceglieresti?

Ruberei a Charlize Theron il ruolo di Aileen Wuornos in “Monster”.

L’Artribune ti ha definita “La musa di Giovanni Gastel”, icona internazionale della fotografia. Che effetto fa e quanto è forte il tuo legame con la fotografia?

È stato un onore, per me, posare per Giovanni Gastel. Quando ho letto il titolo di Artribune? Lo leggo ancora, non mi sembra reale. Mi sembra di essere sempre quella bambina con tanti sogni, che correva sui prati, di un piccolo paesino di montagna, dell’Altopiano di Asiago. Per me era già un grande sogno poter vivere in città. Sono cresciuta in un contesto molto semplice, mio nonno faceva il pastore.

Che spettatrice sei? Cosa ami guardare in tv e al cinema?

Non guardo molta tv, ma vado al cinema quando esce un film interessante e sicuramente impegnato. Non sono un tipo da commedie. Amo guardare la vita, ma soprattutto viverla!

Questo portale si chiama “La voce dello schermo”. Cosa significa per te ascoltare la voce dello schermo?

Significa ascoltare qualcosa che sia in grado di lanciare un messaggio forte e che faccia riflettere.

 

Di Francesco Sciortino

By lavocedelloschermo

Francesco Sciortino, giornalista pubblicista dal 2014, appassionato di serie tv, cinema e doppiaggio. In passato cofondatore della testata online “Ed è subito serial”.

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