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Ad Astra: Attraverso le asperità sino alle stelle Recensione dell'intimo sci-fi con protagonista Brad Pitt

Set 28, 2019

Inarrestabile Brad Pitt! Il 26 settembre esce nelle sale Ad Astra, dramma sci-fi per la regia di James Gray presentato al festival del cinema di Venezia 2019 e co-prodotto da Pitt stesso. 

In un futuro non troppo distante, a seguito di un’ondata di picchi energetici che minacciano tutto il sistema solare, l’astronauta Roy McBride (Brad Pitt) si imbarca in un viaggio alla ricerca del padre (Tommy Lee Jones), pioniere esploratore spaziale, scomparso circa quindici anni prima durante una missione con l’obiettivo di trovare altre forme di vita intelligenti e possibile causa dei danni arrecati a Nettuno e altri pianeti. 

Da quando nel 2014 Gravity di Alfonso Cuarón ha graziato gli schermi cinematografici sembra aver ridato vita ad un trend che si è poi protratto nel tempo: quello fatto di film contemplativi dello spazio, delle sue bellezze e delle sue insidie, con storie che non necessariamente seguono tutti i tratti classici del genere sci-fi. Ne sono un esempio anche First Man (Chazelle, 2019) e Interstellar (Nolan, 2014).

 

A primo impatto il film si presenta come esteticamente impeccabile. In comune con Interstellar ha anche il suo direttore della fotografia, Hoyte van Hoytema, che non si tira indietro dal giocare con luci e colori, lucidità e opacità, creando una palette che va dal più freddo dei blu al più caldo dei rossi. Con First Man condivide invece i numerosi momenti di, seppur non ogni volta palesata, meraviglia rivolti allo spazio. Panoramiche mozzafiato, piccoli momenti di silenzio e contemplazione che rimarcano la grandezza e l’intrinseco significato di esso. 

Gray ha dichiarato pubblicamente di essersi ispirato al romanzo di Arthur C. Clarke “2001: Odissea Nello Spazio”, poiché attratto dalla citazione: “Esistono due sole possibilità. O siamo soli nell’universo, oppure non lo siamo. Entrambe sono terrificanti” e nel corso del film troviamo anche riferimenti e omaggi alla versione cinematografica di Kubrick.

Ad Astra, più che collocarsi nel genere classico sci-fi, si colloca in quello che si potrebbe definire “sci-fi esistenziale”. È un misto tra uno sci-fi commerciale fatto di inseguimenti lunari, missioni impossibili e corse contro il tempo e un quieto dramma familiare. Il setting aiuta sicuramente mostrandoci sì un futuro a noi sconosciuto ma non del tutto fuori dalla nostra portata. È un futuro tutto sommato plausibile, che ha portato l’uomo alla colonizzazione e commercializzazione di altri pianeti. Lo stupore rivolto allo spazio si alterna alle mondanità e ai conflitti terrestri. È importante in questo tipo di film che lo spettatore creda nei luoghi che fanno la storia, oltre che nei personaggi, e Ad Astra è davvero esemplare in questo. 

Il world-building (letteralmente costruzione del mondo) è sottile e non esagerato. Gray non spende troppi minuti a spiegare allo spettatore le regole della realtà in cui ci troviamo, semplicemente lascia vivere i suoi personaggi in questo spazio lasciando che lo spettatore arrivi a capire da solo il funzionamento di esso. 

Al contrario si concentra molto sul personaggio di Pitt, Roy. La regia diventa molto personale, con tantissimi primi e primissimi piani che rendono la figura di Roy all’apparenza stoica e dall’atteggiamento misurato, nonchalant e sicuro di sé, molto più complessa, mostrandoci le sue paure e insicurezze. Ad enfatizzare questo concetto c’è anche il voice over, che spesso dà voce ai pensieri di Roy permettendoti ulteriormente di stabilire un legame con lui.


Brad Pitt fa un lavoro davvero straordinario: la gamma di emozioni che riesce a far trasparire tramite lo sguardo o minimi movimenti facciali è incredibile. Il “detto non detto” diventa straziante, il conflitto interiore diventa visibile e sentimenti come la paura, la speranza, la delusione, la rabbia, diventano più reali che mai. Nel mondo di Ad Astra le emozioni sono considerate bagaglio inutile e pesante e le persone emozionali vengono rilegate in stanze comfort affinché possano “rilassarsi”.  Questo porta Roy a reprimere le proprie emozioni davanti ai numerosi numerosi controlli psicologici, tutti effettuati da entità robotiche e mai umane. 

Alcuni hanno parlato anche di un paragone tra Brad Pitt e Roy McBride, sottolineando come nell’immaginario comune Pitt sia sempre stata una figura piuttosto pacata, affascinante, dall’aria ever-cool. Da astronauta per sopravvivere, una decisione potenzialmente letale alla volta, si deve sviluppare un’essenza di eterno distacco, così come per navigare il mondo hollywoodiano alla luce di scandali, critiche e odio immotivato. Voi che ne pensate?

È un film che sviluppa due parabole importanti. La prima riguarda più o meno tutta la popolazione mondiale, ovvero l’eterno conflitto tra l’essere umano e “un qualcosa di più grande”. Tanti si rivolgono alle stelle per avere conforto, trovare qualcosa o qualcuno a cui ci si possa rivolgere, che risponda alle nostre domande: che sia esso Dio, un’altra forma di vita intelligente, una seconda possibilità, o come nel caso di questo film una via d’uscita, una scappatoia. 

La seconda parla invece più direttamente alle persone con un complicato rapporto con uno o più genitori. Per anni ad Hollywood è andato di moda il mostrare figli senza stima per i propri genitori, che arrivavano anzi ad odiarli. Non è questo il caso di Roy, che dopo tanti anni conserva ancora amore per il padre, di cui ha una profonda stima. Roy spera di rivedere suo padre in sé per via di questa stima. Ma ha anche paura di farlo, probabilmente perché segnato dal dolore che gli ha inflitto e perchè vede in prima persona i suoi difetti. 

Dopo aver parlato di tutti i lati positivi di Ad Astra bisogna menzionare anche i difetti. 

Il ritmo risulta alle volte stagnante. Alcuni avvenimenti vengono semplicemente fatti accadere, senza dare troppe spiegazioni o senza che ci siano ripercussioni nei momenti successivi. Il motivo non è ben chiaro ma senza dubbio va a macchiare quello che altrimenti sarebbe un prodotto estremamente valido. Sebbene riesca a stabilire un buon legame tra lo spettatore e il protagonista, gli altri personaggi risultano mero contorno. Sarebbe stato interessante vedere approfondito il legame di Roy con la moglie Eve (Liv Tyler) o aver speso più tempo con lui e suo padre.

Ad Astra è nelle sale dal 26 settembre 2019. 

 

di Elvira Bianchi

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