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Intervista a Camilla Filippi: “Non temo le sfide” L’attrice, dal 27 novembre ne “Il Silenzio dell’acqua 2”, parla della nuova stagione della serie di Canale 5 e si racconta su “La voce dello schermo”.

Nov 27, 2020

Dal 27 novembre debutta su Canale 5 la seconda stagione de “Il silenzio dell’acqua”, serie diretta da Pier Belloni con protagonisti Ambra Angiolini e Giorgio Pasotti, rispettivamente nei panni dei due investigatori Luisa Ferrari e Andrea Baldini. Durante i nuovi episodi, un duplice omicidio sconvolgerà Castel Marciano e Luisa e Andrea dovranno indagare per scoprire il colpevole. Ma nella seconda stagione sarà sempre più presente il personaggio di Roberta (Camilla Filippi) che dovrà affrontare il ritorno di Elio Moras (Stefano Pesce), ex compagno e padre biologico di Matteo (Riccardo Maria Manera).
A presentare la seconda stagione su “La voce dello schermo” ci ha pensato proprio Camilla Filippi, che ha annunciato una Roberta in lotta con i fantasmi del passato.
Negli ultimi anni Camilla ha impressionato per la sua abilità nel sapere spaziare con facilità dall’amorevole Cristina di “Tutto può succedere” all’ambigua Linda Monaco ne “Il Processo”, da Roberta ne “Il silenzio dell’acqua” a Linda Weiss di “In fondo al bosco”, ruoli molto differenti tra loro e profondamente complessi. In attesa di vederla nel prossimo film del regista Stefano Lodovichi, “La stanza”, in cui interpreterà una donna in crisi che sta tentando il suicidio alle prime luci dell’alba, Camilla si racconta su “La voce dello schermo”…

*Foto di Alessandro Pizzi

Salve Camilla. Bentornata su “La voce dello schermo”. Dal 27 ti rivedremo ne “Il silenzio dell’acqua 2”. Cosa dobbiamo aspettarci di nuovi episodi?

Salve a tutti. Sicuramente le nuove puntate saranno caratterizzate ancora da tensione, mistero e confusione. Seguirà la scia della prima stagione e niente sarà mai come sembra. Ci sarà un duplice omicidio a Castel Marciano e anche stavolta bisognerà capire chi sia stato e come sia successo. Sarà molto avvincente.

Che sviluppi ci saranno riguardanti il personaggio di Roberta?

Roberta sarà molto più presente nelle nuove puntate. Ha un passato che è stato affrontato poco durante la prima stagione e che ora sarà approfondito. Durante la prima stagione sapevamo che il padre di Matteo (Riccardo Maria Manera) non fosse Andrea (Giorgio Pasotti) e che Roberta non volesse affrontare il proprio passato. Ma, come spesso accade, il passato ritorna e non si può scappare per sempre. Si troverà a dovere affrontare tutto ciò che ha dovuto lasciare indietro nella propria vita e si ripercuoterà all’interno della propria vita familiare.

È uscito da poco il tuo primo romanzo “La sorella sbagliata”. Com’è stato per te cimentarti con la scrittura?

Mi piace mettermi alla prova su più fronti. Credo che nella vita bisogna capire cosa ti piace fare e cosa no. Avevo la necessità di raccontare una storia e l’idea di scriverci un film non mi sembrava appropriata. Il romanzo, invece, mi offriva la soluzione migliore. Mi sono lanciata in questa avventura e ho capito che scrivere mi piace. Spero di scrivere presto un secondo libro.

Quali aspetti hai voluto sottolineare in particolare?

Ho voluto raccontare la storia di due sorelle, Luciana e Giovanna, che è affetta da disabilità. Nel 1978 le due decidono di fare un viaggio dopo la morte della madre. A questo viaggio si aggiungeranno Briciola, il cane paraplegico di Giovanna; Ivan l’indiano, che è appassionato dell’India nonostante non ci sia mai stato; e infine un’avvocatessa transessuale di nome Rosy. Mi interessava indagare sul senso di colpa, la difficoltà nel stare all’interno di un rapporto di fratellanza, la frustrazione, le gelosie e le incomprensioni ma soprattutto l’importanza di provare a scardinare dei meccanismi sbagliati che stanno dentro di noi e dentro gli altri.

Nel libro parli di “diversità”, perché secondo te ancora oggi si fa fatica ad accettare chi è diverso?

Credo che il problema sia negli occhi di chi guarda. Le persone hanno paura di tutto quello che non le rappresenta e che non è uguale al loro modo di pensare e alla loro immagine. Penso che l’intolleranza nasca proprio dalla paura che le persone hanno nel mettersi in discussione. Ogni volta che si fa un viaggio, si incontra una popolazione nuova e una persona che ha un pensiero diverso dal tuo e dal confronto dovrebbe nascere uno scambio che porta a fare un’analisi su sé stessi. Le persone però hanno paura di avere questo sguardo verso sé stessi ed è più facile negare tutto il resto e vederlo come qualcosa di sbagliato.

Presto ti vedremo ne “La stanza”, un altro ruolo che mette in risalto la tua versatilità. Cosa puoi dirci a riguardo?

Sarà un thriller emotivo e che colpirà l’animo. È stato molto tosto a livello interpretativo. Accanto a me ci sono Guido Caprino ed Edoardo Pesce. Abbiamo girato il film in estate e all’interno di una casa. È stato un film molto complesso, una sfida molto stimolante e molto bella.

Parliamo di tre film per te fondamentali: “In fondo al bosco”, “Il processo” e “La stanza”. Secondo te, sono stati i ruoli più difficili che hai interpretato?

Assolutamente sì. Il ruolo di Linda Monaco è stato complesso perché era difficile rimanere in bilico su un filo e convincere le persone che fossi sia colpevole che innocente. Dovevo confondere lo spettatore e se avessi commesso qualche errore sarebbe crollata la mia credibilità. È stato molto difficile muovermi su una linea sottile che separa l’essere colpevole dall’essere innocente. In “In fondo al bosco” e ne “La stanza” è stata dura confrontarsi con due dolori giganti che fortunatamente non conosco e gestire quel tipo di dolore non è semplice.

Cosa ti è piaciuto di queste tre esperienze?

Di queste tre esperienze ho apprezzato molto il poter lavorare esteticamente in maniera molto divertente sul personaggio. Sono tre ruoli molto differenti a livello estetico, di tempo di respiro, di movimenti. Sono aspetti molto stimolanti e divertenti e rappresentano il motivo per cui da piccola guardavo i film al cinema e sapevo di voler fare questo mestiere.

Prima di “In fondo al bosco” eravamo abituati a vederti rappresentare una certa tipologia di personaggio. Si può dire che questa esperienza segni un po’ il punto di svolta per la tua carriera da attrice?

Sicuramente sì. Spesso c’è la tendenza, soprattutto nei confronti delle attrici, dopo aver interpretato un certo tipo di ruolo a riproporre queste sfumature e caratteristiche in altri progetti. Mentre gli attori hanno più possibilità di osare di più, spesso noi attrici veniamo identificate con un tipo di ruolo. Nelle tre esperienze di cui abbiamo parlato prima, ho avuto la possibilità di dimostrarmi adatta a nuove soluzioni. In “In fondo al bosco” ai tempi non conoscevo il regista e dal provino ha capito che potevo cimentarmi in un tipo di ruolo differente. Per quanto riguarda “Il Processo” e “La Stanza”, il regista ha visto in me anche gli altri miei lati di attrice e ha pensato che avrei potuto offrire interpretazioni diverse. Ciò non toglie che ho amato tutti i ruoli che ho fatto. Ho adorato Cristina di “Tutto può succedere” e mi piace tantissimo fare le serie tv, perché danno un respiro e una lunghezza rilevante ai personaggi che un film non può darti. Però ho fatto molte “Cristine” nella vita, mamme o donne simpatiche e rassicuranti, e credo che scavare anche nel male sia qualcosa di stimolante, appagante e che può metterti alla prova come artista. D’altronde credo che il bello di questo mestiere sia mettersi in discussione e provare quella sensazione di sfida che ti accompagna ad ogni interpretazione.

Come si riesce a spaziare in ruoli così diversi?

Prima di tutto deve esserci la volontà di mettersi alla prova. Poi serve molto studio e molto lavoro sui personaggi. Gli ultimi due li ho preparati con Alessandro Fabrizi, che è un coach del metodo linklater e abbiamo lavorato molto sui respiri, perché il respiro determina il movimento, il tipo di persona che sei e abbiamo svolto un lavoro approfondito sul testo. Poi, ovviamente, si guardano tanti film di riferimento. Si attinge da grandi attori che hanno interpretato un determinato tipo di personaggio e si cerca di dare qualcosa in più.

C’è qualche attrice a cui ti sei ispirata per le tue interpretazioni?

Per “Il Processo” mi sono ispirata molto a Sharon Stone in “Basic Instinct”. Ho provato ad attingere dal suo modo di fare, da quella fermezza che la caratterizzava e anche il suo è un personaggio che ad un certo punto crolla e che ti confonde.

E adesso? Quale ruolo ti piacerebbe interpretare?

Adesso vorrei interpretare una supereroina! Vorrei picchiare, saltare, fare le piroette! (ride ndr.) Sono sicura che mi divertirei tantissimo!

Di Francesco Sciortino

 

Di Francesco Sciortino

 

By lavocedelloschermo

Francesco Sciortino, giornalista pubblicista dal 2014, appassionato di serie tv, cinema e doppiaggio. In passato cofondatore della testata online “Ed è subito serial”.

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