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Edoardo Purgatori: “A teatro parlo di omosessualità nel calcio. Nonno Libero patrimonio dell’Unesco” L’attore romano torna su La voce dello schermo per presentare il nuovo spettacolo di cui è protagonista al fianco di Miguel Gobbo Diaz.

Gen 31, 2019

Un gradito ritorno per “La voce dello schermo”. Edoardo Purgatori, dopo l’intervista dello scorso anno, è tornato sul nostro portale per un’interessante chiacchierata su “Fuorigioco/The Pass”, il nuovo spettacolo teatrale in scena al Piccolo Eliseo di Roma dal 31 gennaio – 17 febbraio 2019. “The Pass” ha per protagonisti Purgatori e Miguel Gobbo Diaz e affronta il tabù dell’omosessualità nel mondo del calcio e le conseguenze che ruotano attorno a delle scelte. Edoardo ha, inoltre, raccontato della recente esperienza nella serie tv “Baby” ed ha espresso una sua particolarissima opinione sulla nomina di Lino Banfi all’Unesco, suo collega di set in “Un medico in famiglia”.

Salve Edoardo, Bentornato su “La voce dello schermo”. Dal 31 gennaio al 17 febbraio tu e Miguel Gobbo Diaz sarete al Piccolo Eliseo con “The Pass”. Presentaci un po’ lo spettacolo e il personaggio di Christian…

Il testo si chiama “Fuorigioco” o “The Pass” ed è la storia di due calciatori omosessuali, incontrati durante tre momenti della loro vita. Il primo momento avviene all’età di 17 anni, prima di un incontro di Champions League e dell’esordio in prima squadra. Nel secondo momento si incontra il mio personaggio dopo cinque anni. Infine, alla fine della carriera di uno, c’è un nuovo incontro tra Ade e Christian. È ambientato in una stanza d’albergo e parla delle speranze e dei sogni che possono essere quelli di due calciatori e cosa significa per loro essere gay in un mondo dove l’omosessualità è un tabù.

Com’è stato trattare un argomento così delicato come l’omosessualità in un mondo così maschilista come quello del calcio?

 

*Fotografia di Manuela Giusto

È stato molto particolare. Lo spettacolo indaga su quella che è la vera natura di Christian e che non vuole accettare. Questo lo porta a compiere diversi sacrifici. Grazie al Coni e ad Amnesty International, andiamo nelle scuole a parlare di omofobia e di diritti umani. Al giorno d’oggi siamo pronti a parlare di tematiche del genere, anche se nel calcio è un grande tabù. Io sono sposato, non ho avuto relazioni gay in passato, ma quello che mi ha colpito di più dello spettacolo è stato andare ad approfondire il nocciolo della questione, legato alle emozioni. “The Pass” racconta, infatti, di una scelta difficile, ovvero tra l’amore per una persona o la propria carriera ed è un dilemma in cui penso si possa trovare chiunque.

Ti piace il calcio? Per che squadra tifi?

Non ero molto bravo a calcio, però mi piace molto guardarlo. Sono un grande tifoso della Roma.

Oltre a “The Pass” presto sarai in scena con “Loose Ends”, che hai anche scritto. Cosa puoi dirci riguardo questa esperienza?

È il terzo di un progetto che abbiamo portato avanti con la nostra compagnia. È un esperimento e volevo provare a concretizzare un progetto fatto da ragazzi under 30. Abbiamo realizzato questo lavoro con Jacopo Olmo Antinori e abbiamo cominciato a buttare giù qualche idea. Poi si sono aggiungi Marina Occhionero e Armando Quaranta. Andrà in scena dal 19 al 31 marzo al teatro Off Off. È un testo generazionale e racconta di tre ragazzi nel momento di crescita che va dall’adolescenza all’essere uomini. Interpreto uno spacciatore a Monte Verde a Roma, che passa le sue giornate spacciando e fumando canne dalla mattina alla sera e che ha un padre molto famoso. Il personaggio interpretato da Jacopo Olmo ha rubato 50mila euro al padre costruttore e i due pensano di svoltare con questi soldi. Il personaggio di Marina racconterà invece della sua integrazione in una città come Roma. È un esperimento, vediamo un po’ come andrà.

Di recente hai fatto parte di “Baby”, seppur in una piccola parte. Cosa ti ha colpito di più di questa serie?

Penso sia stato un grande passo avanti per la serialità italiana. Una serie giovane sulle vicende delle baby squillo ai Parioli è stata una grande intuizione. Anche perché Netflix ha dato fiducia a dei ragazzi e li ha affiancati ad Andrea De Sica, un giovane regista molto in gamba e già conosciuto per “I figli della notte”. Era composto da persone giovani ma che hanno dato spessore alla serie. Quindi ben vengano progetti del genere.

Che ne pensi riguardo le polemiche che ha suscitato?

 

*Fotografia di Manuela Giusto

Penso siano state polemiche superficiali, perché altrimenti non si potrebbe trattare più nessuna tematica. Credo sinceramente che sia stata un po’ troppo edulcorata come serie. Ovviamente bisognerà vedere come procederà la seconda stagione. Per quanto riguarda la prima stagione, era interessante raccontare di quel mondo e certi aspetti di quell’ambiente. Offre una prospettiva diversa rispetto a quello che fece, ad esempio, Muccino con “Che ne sarà di noi” e film di questo tipo. È stata contestualizzata ai giorni d’oggi, anche se secondo me poteva essere più cruda e spingere un po’ di più sull’argomento.

Tu sei stato una colonna delle ultime stagioni di “Un medico in famiglia”. Che opinione hai riguardo la nomina di Lino Banfi all’Unesco?

Stimo tantissimo Lino e penso che sia una persona che alla sua età possa insegnare tanto. È sempre una situazione delicata. Te la butto sul ridere e ti dico che il ruolo di Nonno Libero è patrimonio dell’Unesco.

Ci sono altri progetti che vorresti presentarci?

Ho fatto parte di “Freaks Out”, il nuovo film di Gabriele Mainetti che sta in fase di post produzione e dovrebbe uscire quest’anno.

Se potessi rubare un ruolo ad un tuo collega, quale sceglieresti?

È tosta! Lo ruberei ad Al Pacino. Opterei per Michael Corleone ne “Il Padrino”, anche se mi piacerebbe un ruolo in “Star Wars” o in “Indiana Jones”.

 

Di Francesco Sciortino

By lavocedelloschermo

Francesco Sciortino, giornalista pubblicista dal 2014, appassionato di serie tv, cinema e doppiaggio. In passato cofondatore della testata online “Ed è subito serial”.

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